La modifica della Costituzione nell’era delle larghe intese

Molte persone hanno manifestato a Roma domenica scorsa per ribadire che la Costituzione deve essere “La via maestra” delle riforme in questo Paese. Una rivendicazione programmatica, che va al di là della difesa del testo costituzionale, per ribadire che alcuni diritti previsti dalla nostra Carta dovrebbero essere pienamente attuati: il diritto al lavoro, il diritto alla salute, l’accoglienza dello straniero, il diritto all’istruzione pubblica.

Domani il Senato potrebbe decidere di andare in una direzione esattamente opposta, approvando l’istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali.

La Costituzione non è una roba scritta sulla carta igienica, un’ordinanza del sindaco di Vattelappesca, che si può modificare così, come capita una mattina. Nella Costituzione l’elemento formale è fondamentale, perché la forza giuridica della Costituzione è una forza soprattutto formale: la Costituzione serve a far dichiarare incostituzionali le leggi che non la rispettano. Questa forza deriva dalla teoria della gerarchia delle fonti, nota agli studenti del primo anno di Giurisprudenza, ma non ai nostri parlamentari. Kelsen, questo sconosciuto.

Il metodo scelto per modificare la Costituzione deriva da un’incomprensione su ciò che la Costituzione stessa prevede per la sua modifica, che conduce alle assurdità proposte dal governo Letta-Alfano.

Prima di riformare l’articolo 138, bisognerebbe sapere cosa prevede

La litania sulle riforme costituzionali è la stessa da vent’anni: devono essere condivise, larghe, consensuali, non divisive. E’ questo che prevede la Costituzione? No, basta leggere l’articolo 138.

La procedura ordinaria prevista da questo articolo prevede due voti di ciascuna delle due Camere alla maggioranza assoluta nella seconda votazione. Vuol dire 158 senatori su 315 e 616 deputati su 630. Poi, se un quinto dei membri di una Camera o dei consigli regionali o 500.000 elettori lo richiedono, un referendum, attraverso il quale tutti i cittadini possono esprimersi. E’ qui la forza del “potere costituente”, che rende la Costituzione superiore a tutte le leggi: una procedura particolare, l’approvazione (o meglio la non disapprovazione) da parte del popolo.

Poi l’articolo 138 prevede un’altra ipotesi: se la riforma è approvata dai due terzi dei componenti di ciascuna Camera, il referendum non si fa. I costituenti, nella loro infinita saggezza, avevano previsto questa possibilità per le riforme meno importanti, per evitare di consultare i cittadini su aspetti marginali o sui quali il consenso generale è evidente. Due esempi: l’abolizione della pena di morte per i reati militari (sfido chiunque anche a citarne uno solo, di reato militare) e l’introduzione del principio di pari accesso per uomini e donne alle cariche pubbliche (misogini organizzatori di referendum sono pregati di astenersi).

E invece, da vent’anni, riciclano la stessa solfa: le riforme devono essere condivise, se c’è una maggioranza e una minoranza chissà che succede. E’ molto semplice: si consultano i cittadini, e i cittadini decidono.

Ancora una volta, una riforma costituzionale a sua insaputa

Il problema, è che vorrebbero farla all’insaputa dei cittadini. Domani il governo delle larghe intese si intenderà per sottrarre al giudizio dei cittadini il disegno di legge costituzionale 813-B, presentato in modo evidentemente bipartisan dai ministri Quagliarello e Franceschini.

Per riformare la Costituzione, verrà creato un Comitato di venti deputati e venti senatori, nominati in modo proporzionale alla consistenza dei gruppi parlamentari, che inizierà a lavorare nei prossimi giorni sulla riforma della seconda parte della Costituzione e sulla legge elettorale. Il termine fissato per realizzare queste riforme è diciotto mesi dall’istituzione del Comitato, che ha sei mesi per presentare dei disegni di legge costituzionale ai presidenti delle Camere. La prima deliberazione in ognuna delle Camere deve intervenire in un termine massimo di tre mesi. L’intervallo minimo tra le due deliberazioni, che la Costituzione aveva fissato a tre mesi per permettere alle revisioni costituzionali di maturare nella riflessione dei parlamentari e dei cittadini, è ridotto alla metà (45 giorni).

Unica nota parzialmente positiva: le leggi approvate secondo questa procedura d’urgenza sarano sottoposte a referendum, anche se approvate dalla maggioranza dei due terzi. Dati i tempi stretti in cui la riforma sarà approvata, sarà necessario organizzarsi fin dalla presentazione dei disegni di legge per rispondere in maniera adeguata ai tentativi di stravolgere l’assetto costituzionale che ha sicuramente bisogno di essere rivisto, ma non può essere completamente ribaltato.

Le sentite, le dichiarazione dei vari capigruppo e sottopanza, che, negli anni dell’opposizione, si scagliavano contro la fiducia posta dal governo, perché contingentava i tempi dell’esame parlamentare? Difficilmente ci sarà qualche lancio di agenzia su questo tema domani, perché i grandi partiti hanno trovato la soluzione più semplice per non dover protestare contro una forzatura che ridurrà il voto del Parlamento e dei cittadini a una semplice ratifica: ritrovarsi al governo tutti insieme appassionatamente. Con viva e vibrante soddisfazione, alla faccia della Costituzione.

Circola su internet questo appello per un mail bombing prima del voto di domani.

Oggetto: La Costituzione è un bene comune, si ascoltino tutti i cittadini!

Gentile Senatrice/Senatore,
chiediamo in aula un comportamento democratico, responsabile e trasparente per evitare che la legge costituzionale 813-B (che consente la deroga all’articolo 138 della Costituzione), venga approvata con la maggioranza dei due terzi. Tale maggioranza preclude infatti la possibilità di ricorrere al referendum. Sarebbe sufficiente che un limitato numero di senatori (più di 23) non partecipasse alla votazione finale, il 23 ottobre, consentendo così a tutti i cittadini di esprimersi con un referendum su un provvedimento che incide profondamente sul sistema delle garanzie costituzionali e crea un pericoloso precedente per il nostro paese. Allontanando ancora di più la classe politica dai sentimenti di molta parte degli italiani.

Firma
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Inviare la mail a:
francesco.verducci@senato.it, magdaangela.zanoni@senato.it, sergio.zavoli@senato.it, vito.vattuone@senato.it, daniela.valentini@senato.it, stefano.vaccari@senato.it, mario.tronti@senato.it, giorgio.tonini@senato.it, walter.tocci@senato.it, angelica.saggese@senato.it, giancarlo.sangalli@senato.it, giorgio.santini@senato.it, francesco.scalia@senato.it, annalisa.silvestro@gmail.com, pasquale.sollo@senato.it, lodovico.sonego@senato.it, maria.spilabotte@senato.it, ugo.sposetti@senato.it, roberto.ruta@senato.it, francesco.russo@senato.it, lucrezia.ricchiuti@senato.it, raffaele.ranucci@senato.it, laura.puppato@senato.it, francesca.puglisi@senato.it, luciano.pizzetti@senato.it, roberta.pinotti@senato.it, leana.pignedoli@senato.it, stefania.pezzopane@senato.it, annamaria.parente@senato.it, giorgio.pagliari@senato.it, venera.padua@senato.it, pamelagiacoma.orru@senato.it, claudio.moscardelli@senato.it, mario.morgoni@senato.it, franco.mirabelli@senato.it, domenico.minniti@senato.it, corradino.mineo@senato.it, mauriziomigliavacca@hotmail.com, claudio.micheloni@senato.it, giuseppina.maturani@senato.it, donella.mattesini@senato.it, claudio.martini@senato.it, ignazio.marino@senato.it, salvatore.margiotta@senato.it, andrea.marcucci@senato.it, luigi.manconi@gmail.com, patrizia.manassero@senato.it, giuseppe.lumia@senato.it, carlo.lucherini@senato.it, doris.lomoro@senato.it, sergio.logiudice@senato.it, stefano.lepri@senato.it, nicola.latorre@senato.it, silviolai@gmail.com, josefa.idem@senato.it, paolo.guerrieri@senato.it, mariacecilia.guerra@senato.it, pietro.grasso@senato.it, miguelgotorpd@gmail.com, nadia.ginetti@senato.it, francesco.giacobbe@senato.it, rita.ghedini@senato.it, mariagrazia.gatti@senato.it, federico.fornaro@senato.it, elena.fissore@senato.it, anna.finocchiaro@senato.it, rosanna.filippin@senato.it, marco.filippi@senato.it, elena.ferrara@senato.it, valeria.fedeli@senato.it, nicoletta.favero@senato.it, emma.fattorini@senato.it, camilla.fabbri@senato.it, stefano.esposito@senato.it, nerina.dirindin@senato.it, rosamaria.digiorgi@senato.it, isabella.demonte@senato.it, mauro.delbarba@senato.it, erica.dadda@senato.it, vincenzo.cuomo@senato.it, giuseppeluigi.cucca@senato.it, paolo.corsini@senato.it, stefano.collina@senato.it, roberto.cociancich@senato.it, monica.cirinna@senato.it, laura.cantini@senato.it, massimo.caleo@senato.it, rosaria.capacchione@senato.it, valeria.cardinali@senato.it, filippo.bubbico@senato.it, claudio.broglia@senato.it, danielegaetano.borioli@senato.it, amedeo.bianco@senato.it, mariateresa.bertuzzi@senato.it, bruno.astorre@senato.it, ignangioni@tiscali.it, silvana.amati@senato.it, donatella.albano@senato.it, luigi.zanda@senato.it,

E’ consigliabile non fare invii con tutti gli indirizzi ma suddividerli in diverse email con pacchetti di dieci nominativi, massimo, ciascuno

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