[Pubblicato su ilcorsaro.info il 27 gennaio 2014]
Non è la separazione tra François Hollande e Valérie Trierweiler, che da giorni occupa i giornali italiani in una specie di revanchismo gossipparo, ad averli spinti a scendere in piazza oggi. E non è la breve irruzione delle Femen, che troverà sicuramente spazio nella colonna destra dei siti dei migliori quotidiani italiani, il motivo per cui bisogna interessarsi alla Giornata della collera che si è svolta ieri in Francia.
Si sono dati appuntamento a piazza della Bastiglia per una lunga manifestazione sotto la pioggia fino agli Invalides. Il filo conduttore: le dimissioni del governo Hollande-Ayrault, in nome dell’oppressione fiscale che avrebbe accentuato gli effetti della crisi sulle fasce più deboli della popolazione – qui non c’è Equitalia, ma gli argomenti non sono molto diversi. Non è chiaro chi siano gli organizzatori di questa giornata di mobilitazione, perché il movimento raccoglie un po’ di tutto: movimenti localisti, gruppuscoli tradizionalisti e reazionari, piccola borghesia che ce l’ha con il mondo.
Questa Giornata della collera, il cui nome trae ispirazioni da manifestazioni simili che si sono svolte nei paesi del Nord Africa – come la Primavera francese, frangia oltranzista dei manifestanti contro il matrimonio gay, si richiama alle primavere arabe, deve preoccuparci. In Italia abbiamo assistito a un’espressione simile della rabbia popolare con il movimento dei Forconi, conglomerato di spinte reazionarie e popolo inferocito: se le dimensioni del fenomeno sono state di gran lunga inferiori all’attenzione che i mezzi di comunicazione gli hanno dedicato, il malessere che esso esprimeva e le sue rivendicazioni sono state un segnale d’allarme anche per chi, a sinistra, non è stato capace di rendersene interprete. In Francia succede la stessa cosa. In piazza oggi si sono ritrovati, in primo luogo, i reduci delle manifestazioni contro la legge Taubira che ha esteso il matrimonio alle persone dello stesso sesso. Questo movimento, che cerca di attecchire anche in Italia, è stato l’occasione per la destra più conservatrice e tradizionalista di farsi sentire e di mettere in difficoltà il governo, ma anche la destra parlamentare che non ha potuto completamente sposare le rivendicazioni della piazza, a causa di alcune derive estremiste. Rieccoli in piazza oggi, qualche giorno dopo l’adozione, in Parlamento, di un disegno di legge che propone di abolire lo stato di necessità che deve essere dimostrato dalle donne che vogliono abortire, riconoscendo così il diritto soggettivo della donna di disporre del proprio corpo. Non è forse un caso che il governo spagnolo apra in questo periodo un nuovo fronte proprio sul tema dell’aborto, con una legge orrenda che vuole limitare il diritto della donna a decidere se e quando abortire: dall’altro lato dei Pirenei ci si è forse resi conto che su questi temi la mobilitazione può essere molto forte e può permettere di raccogliere quel consenso che le politiche economiche mettono in forte discussione. I “cattolici in collera” non hanno quindi mancato di partecipare alla manifestazione dei “Forconi francesi”, accompagnati persino da qualche prete con la bandiera degli anti-matrimonio gay o da una statua della Madonna che vegliava sui manifestanti.
La rabbia si è espressa anche attraverso il gesto della quenelle, di chiaro stampo razzista e antisemita. Come previsto, i divieti decisi dal ministro dell’interno Valls che hanno colpito gli spettacoli di Dieudonné hanno contribuito a radicalizzare i sostenitori di quest’ultimo, in nome di una lotta contro il sistema che impedirebbe alle fasce popolari di esprimersi. La libertà di espressione è stata spesso invocata dai manifestanti, ma ciò non ha impedito loro di urlare slogan contro i giornalisti, complici del sistema di potere. Dove l’abbiamo già sentita?
E poi, la causa di tutti i mali: l’Europa. Molti hanno sfilato con le bandiere delle loro regioni, a ricordare che alla Francia profonda questo stato di cose non va giù. I localismi erano già stati al centro della rivolta dei Berretti rossi, che manifestavano contro una tassa che avrebbe dovuto colpire i trasporti con automezzi pesanti – le tasse, le tasse, ancora e sempre le tasse. Hanno intonato più volte la Marsigliese, per riaffermare uno spirito patriottico che la globalizzazione mette in discussione. E hanno sfilato con i cartelli “L’Europa mi ha ucciso”, per ricordare che sono vittime delle decisioni prese a Bruxelles con la complicità dei governanti francesi. In questi giorni si discute molto della lista che, in Italia e in altri paesi europei, dovrebbe sostenere la candidatura di Tsipras come presidente della Commissione. Nell’Europa che va al voto tra qualche mese il malessere profondo e i rigurgiti nazionalisti espressi in Italia dai Forconi e in Francia dal Jour de Colère e dai partiti che hanno fatto del discorso antieuropeista il loro cavallo di battaglia, come il Front national, il Movimento 5 stelle, ma anche Forza Italia, saranno molto forti. C’è qualcosa di cupo che ribolle nel ventre dell’Europa, un rancore che, sotto i colpi dell’austerity, rischia di mettere in discussione quanto costruito negli ultimi decenni. E’ il caso di ricordarselo, se davvero si vuol costruire un’altra Europa, dei popoli, dei diritti e della solidarietà.