Ritorno al Risorgimento

Le ideologie sono morte, viva le ideologie!

Il crollo dell’Unione sovietica, la caduta del muro, il capitalismo cinese, il collasso di Lehmann Brothers, Berlusconi, i socialisti con Berlusconi, la fusione tra ex-democristiani e ex-comunisti, il grillismo, il dipietrismo, il travaglismo. Tutto ci ha portato a pensare, in questi anni, che non ci fosse più spazio per le ideologie, i rossi a sinistra, i bianchi e i neri a destra, Camillo e don Peppone. E invece. E invece ecco due novità sul panorama politico che ci fanno tornare in pieno Novecento: Fermare il declino (FiD), che propone le ricette più squisitamente liberali e liberiste per uscire dalla crisi, e l’Alleanza lavoro bene comuni ambiene (ALBA, stesso acronimo dell’Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América di Chavez, Castro e Correa) che propone un’uscita “da sinistra”, con il passaggio al “bene-comunismo” .

Ma a guardare bene, non siamo tornati solo al Novecento, ma addirittura al Risorgimento, alla Destra e alla Sinistra storica, al confronto tra élites. FiD e ALBA sono la risposta all’incapacità dei partiti a governare il Paese (FiD) o a rappresentare la volontà dei cittadini (ALBA), promossa da professori e studiosi, quelli che un tempo si sarebbero chiamati intellettuali organici. Con una differenza fondamentale: dalle parti di Fid si trovano preavlentemente economisti, che hanno studiato o lavorato negli Stati Uniti, raccogliendo inizialmente le loro idee sul blog Noise from Amerika. I promotori di ALBA sono prevalentemente giuristi, molti dei quali all’origine dei referendum sull'”acqua” del giugno 2011, ben radicati nel dibattito culturale italiano. I primi hanno un “leader”, Oscar Giannino, che alcuni vorrebbero a Palazzo Chigi, gli altri promuovono un’organizzazione orizzontale sul modello degli Indignados e di Occupy Wall Street.

Sarebbe sbagliato pensare che FiD e ALBA sono la continuazione del governo dei professori targato Monti&co: entrambi si pongono in alternativa ai tecnici, anche se le ricette di FiD sono molto vicine a quelle “che ci chiede l’Europa, mentre ALBA si pone in netto contrasto contro le cure di austerità di Bruxelles e del FMI.

Entrambi i movimenti dichiarano di voler rappresentare coloro che non sono rappresentati. E qui si trova la differenza più evidente. ALBA è un soggetto “di nicchia”, ma si ispira alla necessità di aprire le porte della politica a tutti coloro che hanno dimostrato di volersi interessare alla cosa pubblica: non solo il popolo del referendum, ma anche i grandi movimenti civici che hanno portato Pisapia e De Magistris alla guida di due grandi città come Milano e Napoli. Gli antideclinisti non godono di questa spinta popolare – sarà per questo che sono andati a cercare appoggio dalle parti dell’Italia futura di Montezemolo, ma sono molto a loro agio sulle poltrone di Balalrò. Il loro universo di riferimento sono tutti gli oppressi dallo Stato inefficiente, in particolare gli imprenditori che non possono fare impresa in Italia. Un dubbio sorge spontaneo: saranno mica gli stessi imprenditori che campano di aiuti pubblici, di lavoro nero, di concorrenza sleale? Lo Stato è portatore di tutti mali, lo Stato è corrotto: sarà mai sorto agli antideclinisti il dubbio che per un funzionario che prende una mazzetta c’è un cittadino – e quindi spesso un imprenditore – che paga? Le ricette di FiD sono stereotipate, sono la trasposizione della quinta essenza del liberismo, senza il minimo sforzo di immaginare le soluzioni che servono a questo Paese, in questo momento. Le banalità scorrono a fiumi: il punto del decalogo relativo a liberazzazioni e privatizzazioni è talmente gustoso da meritare un post apposito.

Non saranno Reagan, la Thatcher e quattro pernacchie ai neokeynesiani a fermare il declino: chi pensa che queste ricette contribuiscano ad accelerare la caduta, spera piuttosto di fermare il delirio di Giannino&co.

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