Se si fossero limitati a riforme come questa delle province, o quella dei tribunali, la parentesi dei tecnici sarebbe stata ricordata come un periodo di modernizzazione dell’Italia. Invece, c’è stata la furia ideologica del choosy, della riforma dell’articolo 18, dell’aumento delle tasse.
Nonostante qualche commentatore che cerca di mettere zizzania, facendo notare ai pisani che dovranno convivere con i livornesi, l’opinione pubblica è talmente esasperata dagli sprechi che vede questi tagli come una benedizione. La soluzione adottata per le province è infatti molto positiva. Idiota e propagandistico pensare di abolirle: tutti gli Stati moderni hanno tre livelli di governance territoriale. In particolare, gli Stati non federali hanno tutti una struttura molto simile a quella italiana. Dal punto di vista dell’organizzazione territoriale, l’Italia è strutturata meglio, per esempio, della Francia, che ha 36000 comuni – l’Italia circa 8000 – e una miriade di consorzi e enti di cooperazione. Da noi forse si può abolire qualche comunità montana e accorpare qualche comune, ma si tratta di dettagli. Tutto starebbe a farli funzionare.
La domanda spesso è stata: a cosa servono le province? La risposta è nel Testo unico degli enti locali (art. 19):
1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l’intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità;
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni culturali;
d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque interne;
g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e
controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione
professionale, compresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
Le province possono quindi svolgere un ruolo importante per lo sviluppo, a una scala appropriata a metà tra l’ambito ristretto di un comune e il caos di una Regione che, inoltre, ha anche delle competenze legislative. La Lombardia ha quasi 10 milioni di abitanti e 1544 comuni, il Piemonte 4 milioni e mezzo di abitanti e 1206 comuni (ed è la sesta regione più popolosa): pensate a metterli tutti intorno a un tavolo. In Francia, per esempio, le province (départements) hanno un ruolo trainante per lo sviluppo della banda larga. La Gironde ha utilizzato la sua competenza nella gestione degli edifici che ospitano i licei per portare la banda larga in tutti i paesini della zona di Bordeaux (700.000 abitanti), attraverso un contratto di partenariato pubblico-privato con un gestore della rete. Ovvio che se i presidenti di provincia sono tutti come lui, il dubbio sulla loro utilità resta.
Delle assurdità rimangono. La più evidente è quella delle regioni monoprovincia: Umbria, Molise e Basilicata. Le tre regioni a statuto ordinario con meno abitanti, rispettivamente 900mila, 600mila e 300mila abitanti circa. La regione meno popolata in assoluto, la Valle d’Aosta (128mila abitanti), non ha la provincia, ma si tratta di una regione a statuto speciale il cui statuto ha lo stesso valore della Costituzione. Una modifica da appuntarsi per una fase due della riforma.
La seconda assurdità è legata proprio alla riforma delle circoscrizioni giudiziarie. Come spiegavo qui, alcuni tribunali si sono salvati perché uno dei criteri era di lasciare il tribunale in tutti i capoluoghi di provincia. Quindi, dei tribunali piccoli si sono salvati perché si trovavano nei capoluoghi di provincia, dei tribunali più grandi sono stati soppressi perché non si trovavano in città capoluogo. Cosa succede con la riorganizzazione dei province? Quei tribunali piccoli non hanno più la loro sede in capoluoghi di provincia. Anche questo andarà considerato in una fase due della riforma, ma chissà chi sarà al governo per occuparsene.